L’arte
della guerra
Settant’anni di sudditanza a USA e NATO
Manlio Dinucci
«Se
qualcuno pensa di sganciare l’Italia dai nostri alleati storici, che sono l’Occidente
e i paesi della NATO, allora troverà sempre me contrario. L’Italia, e il
Movimento 5 Stelle soprattutto, non ha mai detto di volersi allontanare dai
nostri alleati storici»: questa dichiarazione del candidato premier Luigi Di
Maio (a Otto e mezzo su La7, 16 aprile -- 32:55"), solleva una questione di
fondo che va al di là dell’attuale dibattito politico.
Qual è
il bilancio dei settant’anni di legame dell’Italia con i suoi «alleati
storici»?
Nel
1949, con il 5° Governo De Gasperi (Democrazia cristiana -
Pli - Psli - Pri), l’Italia diviene membro della NATO sotto
comando USA. Subito dopo, secondo gli accordi segreti sottoscritti da De
Gasperi a Washington nel 1947, inizia lo schieramento in Italia di basi e forze
statunitensi, con circa 700 armi nucleari. Per 40 anni, nella strategia
USA/NATO, l’Italia fa da prima linea nel confronto con l’URSS e il Patto di
Varsavia, sacrificabile in caso di guerra (gli USA tengono pronte sul nostro
territorio anche mine atomiche da demolizione).
Finita
la guerra fredda con la dissoluzione del Patto di Varsavia e dell’URSS nel
1991, inizia per l’Italia non un periodo di pace ma una serie continua di guerre
sulla scia del suo principale «alleato storico».
Nel 1991, con il 6° Governo
Andreotti (DC - Psi - Psdi - Pri - Pli), la Repubblica italiana partecipa nel
Golfo sotto comando USA alla sua prima guerra, violando l’Art. 11 della Costituzione.
Nel 1999, con il Governo D’Alema (Ulivo - Pdci - Udeur), l’Italia svolge un
ruolo fondamentale, con le sue basi e i suoi cacciabombardieri, nella guerra
NATO contro la Jugoslavia.
Nel 2003, con il 2° Governo Berlusconi (Forza Italia
- AN - LN - Ccd-Cdu), l’Italia inizia la sua partecipazione (tuttora in corso
dopo 15 anni) alla guerra USA/NATO in Afghanistan.
Sempre
nel 2003, con lo stesso governo, partecipa all’invasione dell’Iraq da parte
della coalizione a guida USA.
Nel 2011, con il 4° Governo Berlusconi (PdL, LN, MpA), l’Italia svolge un ruolo
di primaria importanza nella guerra NATO contro la Libia, a cui partecipa con 7 basi aeree,
cacciabombardieri e unità navali.
Nel 2014-2018, con il Governo Renzi (Partito
democratico, Ncd, SC, Ucd) e il Governo Gentiloni (stessa coalizione), l’Italia
partecipa alla escalation USA/NATO contro la Russia, inviando truppe in
Lettonia e cacciabombardieri in Estonia.
Allo
stesso tempo questi e altri governi cedono il nostro territorio al Pentagono, che lo usa quale ponte di comando e di lancio
per operazioni militari in una vastissima area geografica.
Il
Comando delle Forze Navali USA Europa-Africa a Napoli-Capodichino, agli ordini
dello stesso ammiraglio USA che comanda la Forza congiunta alleata a Lago Patria,
copre metà dell’Oceano Atlantico e i mari che bagnano tutta l’Europa e la
Russia e quasi l’intera Africa.
Le basi
USA di Aviano, Vicenza, Camp Darby, Gaeta, Sigonella e la stazione MUOS di
Niscemi servono a operazioni militari in Medioriente, Africa ed Europa
Orientale.
Legata
agli USA direttamente e attraverso la NATO – in cui gli USA detengono dal 1949
ad oggi la carica di Comandante Supremo Alleato in Europa e tutti gli altri
comandi chiave – l’Italia è privata del potere sovrano in politica estera. Le
nuova bombe nucleari B61-12, che gli USA installeranno in Italia dal 2020, ci
esporranno a rischi ancora maggiori.
Luigi Di Maio ha firmato l’Impegno ICAN a far aderire
l’Italia al Trattato ONU sulla proibizione delle armi nucleari, quindi a rimuovere
dall’Italia le armi nucleari USA. Manterrà l’impegno o lo romperà per non
«sganciare l’Italia» dal suo principale «alleato storico»?
Il
manifesto, 24 Aprile 2018
NO WAR NO NATO
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