Tuesday, July 13, 2021

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L’Arte della guerra

 Accelera la corsa nucleare 

Manlio Dinucci


 

Nella base di Redzikowo in Polonia sono iniziati i lavori per l’installazione del sistema Aegis Ashore, con una spesa di oltre 180 milioni di dollari. Sarà la seconda base missilistica Usa in Europa, dopo quella di Deveselu in Romania divenuta operativa nel 2015. La funzione ufficiale di queste basi è proteggere, con lo «scudo» dei missili intercettori SM-3, le forze Usa in Europa e quelle degli alleati europei della Nato dalle «attuali ed emergenti minacce di missili balistici provenienti dall’esterno dell’area Euro-Atlantica». Alle due installazioni terrestri si aggiungono quattro navi dotate dello stesso sistema Aegis, che, dislocate dalla U.S. Navy nella base spagnola di Rota, incrociano nel Mediterraneo, Mar Nero e Mar Baltico. La US Navy ha circa 120 cacciatorpediniere e incrociatori armati di questo sistema missilistico.

Sia le navi che le installazioni terrestri Aegis sono dotate di lanciatori verticali Mk 41 della Lockheed Martin: tubi verticali (nel corpo della nave o in un bunker sotterraneo) da cui vengono lanciati i missili. La stessa Lockheed Martin, illustrandone le caratteristiche tecniche, documenta che esso può lanciare missili per tutte le missioni: anti-missile, anti-aereo, anti-nave, anti-sottomarino e di attacco contro obiettivi terrestri. Ogni tubo di lancio è adattabile a qualsiasi missile, tra cui «quelli per l’attacco a lungo raggio», compreso il missile da crociera Tomahawk. Esso può essere armato anche di testata nucleare.  Non si può quindi sapere quali missili vi siano realmente nei lanciatori verticali della base Aegis Ashore in Romania e quali saranno installati in quella in Polonia. Né quali missili vi siano a bordo delle navi che incrociano ai limiti delle acque territoriali russe. Non potendo controllare, Mosca dà per scontato che vi siano anche missili da attacco nucleare. Stesso scenario in Asia Orientale, dove navi da guerra Aegis della Settima Flotta incrociano nel Mar Cinese Meridionale. Anche i principali alleati Usa nella regione – Giappone, Corea del Sud, Australia – hanno navi dotate del sistema Usa Aegis.

Questo non è l’unico sistema missilistico che gli Usa stanno schierando in Europa e in Asia. Nel suo intervento alla George Washington School of Media and Public Affairs, il generale McConville, capo di stato maggiore dell’Esercito degli Stati uniti, ha dichiarato lo scorso marzo che lo US Army sta preparando una «task force» dotata di «capacità di fuoco di precisione a lungo raggio che può arrivare ovunque, composta da missili ipersonici, missili a medio raggio, missili per attacchi di precisione» e che «questi sistemi sono in grado di penetrare lo spazio dello sbarramento anti-aereo». Il generale ha precisato che «prevediamo di schierare una di queste task force in Europa e probabilmente due nel Pacifico».

In tale situazione, non c’è da stupirsi che la Russia stia accelerando lo schieramento di nuovi missili intercontinentali, con testate nucleari che, dopo la traiettoria balistica, planano per migliaia di km a velocità ipersonica.  Né c’è da stupirsi della notizia, pubblicata dal Washington Post, che ha Cina sta costruendo oltre cento nuovi silos per missili balistici intercontinentali a testata nucleare. La corsa agli armamenti si svolge non tanto sul piano quantitativo (numero e potenza delle testate nucleari) quanto su quello qualitativo (velocità, capacità penetrante e dislocazione geografica dei vettori nucleari). La risposta, in caso di attacco o presunto tale, viene sempre più affidata all’intelligenza artificiale, che deve decidere il lancio dei missili nucleari in pochi secondi. Aumenta la possibilità di una guerra nucleare per errore, rischiata più volte durante la guerra fredda.

Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato dalle Nazioni Unite nel 2017 ed entrato in vigore nel 2021, è stato finora firmato da 86 Stati e ratificato da 54. Nessuno dei 30 paesi della Nato e dei 27 della Ue l’ha ratificato e neppure firmato. In Europa vi hanno aderito solo Ausria, Irlanda, Malta, San Marino e Santa Sede. Nessuno dei nove paesi nucleari – Stati uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Israele, Cina, Pakistan, India, Nord Corea – l’ha ratificato e neppure firmato.

Manlio  Dinucci

il manifesto, 13 luglio 2021


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