Monday, September 7, 2020

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L’arte della guerra

Il lato oscuro del 5G: l’uso militare

Manlio Dinucci

FRANÇAIS  ITALIANO  PORTUGUÊS

La manifestazione del 12 settembre a Roma «Stop 5G» si focalizza a ragione sulle possibili conseguenze delle emissioni elettromagnetiche per la salute e l’ambiente, in particolare sul decreto che impedisce ai sindaci di regolamentare l’installazione di antenne 5G sul territorio comunale.

 

Si continua però a ignorare un aspetto fondamentale di questa tecnologia: il suo uso militare. Ne abbiamo già parlato sul manifesto (10 dicembre 2019), ma con scarsi risultati. I successivi programmi varati dal Pentagono, ufficialmente documentati, confermano quanto scrivevamo nove mesi fa.

 

La «Strategia 5G», approvata il 2 maggio 2020, stabilisce che «il Dipartimento della Difesa deve sviluppare e impiegare nuovi concetti operativi che usino la ubiqua connettività offerta dal 5G per accrescere l’efficacia, la resilienza, la velocità e letalità delle nostre forze armate».

 

Il Pentagono sta già sperimentando applicazioni militari di questa tecnologia in cinque basi delle forze aeree, navali e terrestri: Hill (Utah), Nellis (Nevada), San Diego (California), Albany (Georgia), Lewis-McChord (Washington), Lo ha confermato, in una conferenza stampa il 3 giugno, il Dr. Joseph Evans, direttore tecnico per il 5G al Dipartimento della Difesa.

 

Ha quindi annunciato che applicazioni militari del 5G verranno tra poco testate anche in altre sette basi: Norfolk (Virginia), Pearl Harbor-Hickam (Hawaii), San Antonio (Texas), Fort Irwin (California), Fort Hood (Texas), Camp Pendleton (California), Tinker (Oklahoma).

 

Gli esperti prevedono che il 5G avrà un ruolo determinante nello sviluppo di armi ipersoniche, comprese quelle a testata nucleare: per guidarle su traiettorie variabili, sfuggendo ai missili intercettori, occorre raccogliere, elaborare e trasmettere enormi quantità di dati in tempi rapidissimi. Lo stesso è necessario per attivate le difese in caso di attacco con tali armi, affidandosi a sistemi automatici.

 

La nuova tecnologia avrà un ruolo chiave anche nella battle network (rete di battaglia), essendo in grado di collegare in un’area circoscritta milioni di apparecchiature ricetrasmittenti.

 

Estremamente importante sarà il 5G anche per i servizi segreti e le forze speciali: renderà possibili sistemi di spionaggio molto più efficaci e accrescerà la letalità dei droni-killer.

 

Queste e altre applicazioni militari di tale tecnologia sono sicuramente allo studio anche in Cina e altri paesi. Quella in corso sul 5G non è quindi solo una guerra commerciale.

 

Lo conferma il documento strategico del Pentagono: «Le tecnologie 5G rappresentano capacità strategiche determinanti per la sicurezza nazionale degli Stati uniti e per quella dei nostri alleati». Occorre quindi «proteggerle dagli avversari» e convincere gli alleati a fare lo stesso per assicurare la «interoperabilità» delle applicazioni militari del 5G nel quadro della Nato.

 

Ciò spiega perché l’Italia e gli altri alleati europei degli Usa hanno escluso la Huawei e altre società cinesi dalle gare per la fornitura di apparecchiature 5G per telecomunicazioni.

 

«La tecnologia 5G – spiega il Dr. Joseph Evans nella conferenza stampa al Pentagono – è vitale per mantenere i vantaggi militari ed economici degli Stati uniti», nei confronti non solo degli avversari, in particolare Cina e Russia, ma degli stessi alleati.

 

Per questo «il Dipartimento della Difesa sta lavorando strettamente con i partner industriali, che investono centinaia di miliardi di dollari nella tecnologia 5G, allo scopo di sfruttare questi massicci investimenti per applicazioni militari del 5G», comprese «applicazioni a duplice uso» militare e civile.

 

In altre parole, la rete commerciale del 5G, realizzata da società private, viene usata dal Pentagono con una spesa molto più bassa di quella che sarebbe necessaria se la rete fosse realizzata unicamente a scopo militare.

 

Saranno i comuni utenti, a cui le multinazionali del 5G venderanno i loro servizi, a pagare la tecnologia che, a quanto promettono, dovrebbe «cambiare la nostra vita», ma che allo stesso tempo servirà a realizzare armi di nuova generazione per una guerra che significherebbe la fine delle generazioni umane.   

 

Manlio Dinucci

 

il manifesto, 8 settembre 2020

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